Ultimo Atto

Ultimo atto

Ultimo atto

Ultimo atto

Basta, sto solo, mi godo questa giornata osservando la natura, il verde delle piante, gli animali

Ieri notte non potevo dormire. Troppa cipolla pensavo, mentre la mia "mente" volava per confini sconosciuti. Poi, stanco, mi sono messo a pensare e ho deciso.
Basta, chiudo con questo confuso pensiero e mi godo la vita.
Basta pensare ai mali del mondo, alla natura crudele, all'insensatezza umana. Voglio godermi la vita e mai più tornare a pensare.
Il problema è da dove incominciare?

Per prima cosa vado a far visita agli amici, una bella chiacchierata fa bene per incominciare. Ma dopo i convenevoli saluti l'argomento principale è lo sport, la macchina, il lavoro, il denaro, la pensione, i figli. Così mi sono reso conto che tutta la mia gioia iniziale si era un po' esaurita. Non ero in sintonia con il loro sapere.
"Resisti" mi dicevo "devi partecipare". Giusto, bisogna pur godersi la vita e quello credo sia il passo iniziale, socializzare con il prossimo, condividerne i pensieri e le aspettative.
Così che ho pazientato, ho recitato a colui che sapeva, che era informato. Basta annuire con il capo e sorridere all'occorrenza, poi un sì ogni tanto e sei dentro l'argomento.
Una cosa mi ha colpito, vedere come tutti sono ben preparati. Sanno a memoria ogni partita, ogni campionato. Conoscono gli ultimi modelli del telefonino, sono bravi nell'uso della tecnologia, parlano di pensione e del costo della vita, di posti esotici e di gastronomia. Per non parlare poi di politica e così via.
Così mi sono stancato, troppo tutto insieme, forse è meglio che vado da chi gli anni li ha già passati, li sicuramente troverò saggezza di vita.

Con cautela mi sono avvicinato ad un gruppo di anziani che discutevano fra loro. Si parlava di politica di quello o quell'altro partito.
"Io ho votato a destra" affermava un settantenne rinsecchito, "troppi stranieri hanno fatto entrare, ci vogliono regole, regole chiare".
"Io ho votato per la sinistra" rispondeva un suo coetaneo piuttosto tarchiato, "l'ho votata perché spero che le regole chiare che tu invochi, valgano per tutti e non per pochi".
La discussione era abbastanza animata, tanto che non si preoccupavano del mio ascoltare, anzi mi osservavano quando prendevano la parola sperando che anch'io condividessi i loro pensieri.
"Ma che destra o sinistra" interruppe il più alto fissandomi insistentemente negli occhi, "ancora non lo avete capito che sono tutti uguali. Ci fanno credere quello che vogliono, che litigano, che si preoccupano di noi, poi - in privato - mangiano tutti insieme, e come mangiano".
"Tu puoi dire quello che ti pare, ma io sto con ...ini. Mi piace, si presenta bene, capisco quasi tutto di quel che dice e ..."
"Ma che ...ini e ...ini" disse il più anziano "ma fammi il piacere, è anche lui un volta gabbana, meglio quell'altra la ...ini". E giù elogi alla sua ...ini, mischiando presente e passato fatto di ricordi di un ventennio oggi da tutti dimenticato.
Non ho argomenti, né trovo conveniente intervenire, io di politica non so niente, meglio spostarsi più in là.

Un altro gruppetto di arzilli anziani discute di salute. Uno in particolare sembra l'oratore. E' avvelenato perché da pensionato deve ancora pagare le medicine. "E' una questione di principio" soleva dire
"se sto male e mi prescrivono delle medicine, perché le devo pagare? Perché devo essere penalizzato due volte dalla vita, una per star male e l'altra per pagare. Ho lavorato una vita e ora da pensionato devo privarmi del necessario per comprarmi le medicine".
I presenti tutti annuivano in coro. Qui non si discuteva di questioni politiche, ma di sani ragionamenti filosofici che incidono sulla qualità della vita.

Osservo un po' più in la dove un gruppo di signore nel pieno della vita circondate da bambini di ogni età, "civettano" fra loro con molta teatralità.
"Due donne e un pollo fanno mercato" soleva dirmi mio nonno in vita e, anche se riconosco che forse avrà un po' esagerato, ho notato che le donne quando stanno fra loro riescono a parlare tutte insieme. La confusione e tale che preferisco non avvicinarmi, anche se pur da lontano ascolto frammenti del loro dire. "I figli, i mariti, le ricette, tanti avvenimenti di vita dei loro compaesani, grande fratello e segni zodiacali".
I bambini invece mi incuriosiscono, si sa sono il sale della vita. Sono vivaci, pieni di energie, non hanno tabù e sanno come godere della vita.

Con molta cautela mi avvicino, guardato a vista dalle madri. Per non essere confuso con un malintenzionato mi fermo a debita distanza, meglio essere prudenti.
Dal mio punto di osservazione spero di "rubare" a quei piccoli innocenti il segreto della gioia della vita o di come partecipare.
Ma avete mai seriamente osservato i bambini? Telefonini, vestiti alla moda, merendine sofisticate, giocattoli tecnologici, scarpe firmate, e soprattutto parole vuote. "Voglio quello, voglio quello, voglio, voglio". La cosa che mi lascia ancor più stupito è che quando non sono loro a dire voglio, voglio, ci si mettono i genitori (o parenti) a ripetere come una cantilena infinita vuoi, vuoi, vuoi.

Basta, sto solo, mi godo questa giornata osservando la natura, il verde delle piante, gli animali. Dura poco, non riesco a cancellare dalla mente il pensiero che una specie, per sopravvivere, si debba nutrire di altre specie. Che schifo. Non voglio più pensare, voglio godermi la vita ma non so come fare.
Chissà forse i giovani, coloro che hanno il mondo in mano, coloro che sono quasi pronti a sbocciare.
Non è facile di giorno incontrarne tanti. Molti studiano, lavorano o dormono beati e stanchi di una notte brava. Loro sicuramente sapranno come fare.
Così vado alla ricerca di quei posti di ritrovo dove abitualmente sostano i giovani, fra motorini e auto, un po' di fumo e altro.
Qui però sono più sospettosi, se non sei del branco non è facile avvicinarsi. Subito pensano che sei un pederasta o qualcuno della madama (polizia) e diventano più vaghi.
Mi fermo a debita distanza e guardo spesso l'ora per dare l'impressione di avere li un appuntamento. Pochi minuti e si viene digeriti, si fa parte del contesto urbano e subito scartati come un tavolino, una sedia o un qualsiasi oggetto presente e insignificante di quel luogo.
All'inizio mi costa fatica capire, entrare in sintonia con quel mondo dove non si parla chiaro ma a tratti e contando le parole. "Si capiscono al volo" pensavo "Non sprecano energie inutili per affermare le loro ragioni".
Ormai i miei venti anni sono passati da un pezzo e ricordo molto confusamente quell'età e ciò che mi portavo dentro. A quei tempi bisognava maturare in fretta, bisognava darci dentro perché tutto sembrava avere una motivata fine.

Da lontano, come sono, capisco ben poco dei loro discorsi, così che mi faccio coraggio, mi avvicino sfacciato e li affronto. Dichiaro di essere un investigatore privato, che sono lì non per loro ma per una storia di corna, qualcosa poco chiaro, qualcosa che non li incuriosisce più di tanto e comunque, per serietà professionale, non avrei potute dire.
Offro delle birre e sparo qualche cazzata. Mi sbrago un po' per essere fico e dare l'impressione di conoscere la vita. Poi racconto cose che i giovani amano sentire: Avventure, donne, corse di moto e un po' di sangue. Li vedo incantati, confusi e inebriati da quel mio mondo inventato e mi dico: Qui non c'è nulla da cercare.

Mi siedo tutto solo sulla vecchia panchina. Alzo lo sguardo in cielo, nello spazio infinito, in cerca di ispirazione. Cerco di immaginare cosa ce oltre questa vita. Mi concentro così tanto che all’improvviso mi ritrovo senza peso. Una piacevole sensazione mi invade, mi sento tornare bambino e incomincio a “volare” nello spazio infinito.
Mi allontano sempre più ad una velocità indefinita. Sorvolo montagne, paesi e mari, vedo la terra farsi sempre più piccola e insignificante.
Da qui posso riflettere meglio sulla vita, non ho distrazioni o sentimenti, qui sono solo.
Quest’ultima parola mi fa rabbrividire, solo, sono solo in uno spazio infinito. Mi guardo meglio intorno, scruto in ogni lato, cerco anche di emettere un grido ma nulla odo e nulla vedo.
Guardo giù sulla terra in cerca di conforto. Cerco di consolarmi e fra me mi dico "almeno lì non sono solo". Guardo con più attenzione, miliardi di persone in lotta fra loro per accaparrarsi qualcosa; qualche soldo, un principio, un piacere. Milioni di persone che inseguono un pallone, una fede, un piacere frivolo, una illusione. Macchine che vanno in ogni dove. Generali e politici in eterno litigare. Guerre, malattie, eventi naturali distruggono ogni tanto qualcosa ma nulla cambia al senso della vita.
Un teatro infinito dove tutti sono protagonisti e spettatori. Dove l'importante è avere o apparire. Dove tutti sono maestri nel dire ma nessuno sa spiegarsi perché ci sentiamo soli.

"Perché ti manca la fede" immagino dirà il religioso. Chissà, forse ha ragione, credere che qualcuno stia vicino a noi ci consola dalle ingiustizie terrene. Ma sono poco convinto, non riesco a credere che bisogna "pagare" con dolore e privazioni per sperare - poi - nel paradiso o il nirvana.

"Perché ti manca il pallone" immagino dirà lo sportivo. Forse, ammetto che un po' di moto aiuta la mente a non pensare, ma e come rimandare un problema che sappiamo, prima o poi dobbiamo affrontare.

"Perché non hai denaro" immagino diranno in coro miliardi di persone. Già il denaro, quante cose si possono comprare con il denaro. Tutto ciò che vediamo e che tocchiamo possiamo comprare, ma non ciò che veramente desideriamo. Con il denaro posso comprarmi ogni cosa materiale, ma dopo una breve effimera felicità, tornerei a desiderare un'altra cosa ancora e ancora e ancora, nell'eterna illusione di comprarmi la felicità.

"Perché non ti inserisci nel sociale" immagino grideranno convinti molti operatori. Bravi, vi stimo per quello che fate, essere utili al prossimo, soprattutto a quello che sta male, vi fa onore e vi riscatta da ogni peccato. Ma come posso effettivamente aiutare altre persone se anch'io sto male? Come posso consolare coloro che sono stati sfortunati in questa vita se anch'io non ho ben chiare le ragioni di tanto penare?

Mi ritrovo nella solita panchina dove priva osservavo i bambini giocare, le mamme civettare, gli anziani dialogare, i giovani fantasticare, i miei coetanei filosofare mentre l’orologio della chiesa incomincia a suonare: don.. don…don.. don…don.. don…don.. don…don.. don…don.. don… (ore 12)
Vado via deluso, ma non dei giovani, della vita o della società, ma di me stesso che tuttavia mi illudo di trovare la felicità in una esistenza che si è materializzata da una nube di metano.
Però non desisto, ho deciso BASTA e basta sia.
Incominciamo a chiudere questo sito, così non dovendo più scrivere forse avrò qualcosa in meno da pensare. Buona idea, anzi, chiuderò non il sito ma questa sezione da me chiamata "l'angolo della riflessione", poi si vedrà.
Quindi cari amici vicini e lontani, salvo eventi a me ora sconosciuti, questo sarà l'ultimo testo da me scritto di questa sezione.
Addio.

P.S. Per fortuna è quasi ora di pranzo e ormai si sa, davanti a un bel piatto di pasta tutte le filosofie della vita finiscono là.

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